PER INFORMAZIONI RIVOLGERSI AL PROF. GIAN MARCO BENVEDUTI


PREPARAZIONE FISICA PER UN TENNISTA

L’allenamento specifico è programmato in rapporto al modello di prestazione che ci troviamo di fronte. La conoscenza di cosa succede in una partita è fondamentale punto di riferimento per la programmazione dell’allenamento.
In questa sezione voglio analizzare quali devono essere gli obiettivi per la crescita e per il miglioramento prestativo di un tennista .

MODELLO DEL TENNISTA
Il lavoro fisico:
la prima domanda che ci poniamo è : chi abbiamo di fronte?

Il lavoro specifico quindi deve contemplare due obiettivi primari
•    preventivo – posturale
•    qualitativo – prestazionale
Le caratteristiche metaboliche del tennista

MODELLO PRESTAZIONE TENNISTA
Il modello prestazionale, dai dati emersi in letteratura, viene ricavato dallo studio di alcuni parametri durante le competizioni tenendo conto di alcuni elementi, quali
•    la durata media degli scambi
•    il tempo effettivo di gioco
•    il tipo di azione svolta dal tennista
•    lI valori espressi dalla  frequenza cardaca
Il tennis è uno sport di situazione dove ogni scampio , eccetto il servizio, è dettato da circostanze diverse che fanno parte del gioco.
Sicuramente lo sforzo è di tipo INTERMITTENTE cioè alterna azioni brevi alla massima intensità con recuperi passivi la cui lunghezza è dettata dal regolamento.
Da uno studio pubblica nel 2008 dalla rivista SDS risulta che la media delle azioni attive di gioco è tra i 4 e gli 8 secondi con grande variabilità dovuta alla superficie ed alla tipologia dei giocatori.

In base al nuovo regolamento i recuperi sono così stabiliti:
•    20 secondi tra i punti
•    90 secondi tra i games
•    120 secondi tra i sets
la tipologia dei movimenti è prevalentemente nella direzione laterale, raramente frontale con accelerazioni, decelerazioni, campi di direzione, arresti per un raggio medio di 2,5 metri.
La durata di un incontro varia tra 1 ora e a 4 ore per i match maschili del grande Slam.
Per quanto riguarada la frequenza cardiaca i dati che conosciamo fanno riferimento alla FC media senza riferimento alla % di FC riferita  al massimo per ogn giocatore, unico parametro che indica il carico interno.

LA PREVENZIONE DEL TENNIS
Conoscere i movimenti che esegue un tennista nel campo di gioco è un utile mezzo per programmare l'attività fisica ma, nello stesso tempo, studiare le maggiori patologie che affliggono i giocatori è fondamentale per prevenire tali infortuni.
IL TENNIS: LE SUE PATOLOGIE
IL TENNIS – LE PICCOLE PATOLOGIE DA EVITARE


Colpire la palla al volo con la racchetta richiede l'uso di alcune tra le più prestigiose conquiste evolutive
dell'uomo: la capacità di opporre il pollice, la prono supinazione dell'avambraccio, l'escursione articolare a trecentosessanta gradi della spalla. Ma basta una partita o un allenamento maldestro per danneggiare la biomeccanica dell'arto superiore e rendere dolorosi e inefficienti certi movimenti: infiammazioni e artrosi del pollice rendono la presa sulla racchetta debole e dolorosa, le comuni tendiniti del gomito note come epicondiliti impediscono una efficiente pronosupinazione e quindi i colpi vibrati di rovescio, mentre i problemi alla spalla penalizzano soprattutto la battuta.
SPALLA
Chiarita la natura del dolore che si sviluppa durante la battuta e i colpi vibrati dall'alto verso il basso: uno sfregamento tra i tendini della spalla e una sporgenza ossea della scapola, l'acromion. Questa condizione è responsabile della maggior parte dei problemi che colpiscono la spalla noti come periartrite. Termine troppo vago che non esplicita una diagnosi, ma si riferisce genericamente all'infiammazione articolare. Un po come dire mal di pancia: non da indicazioni sulle cause e sulle soluzioni al dolore. Oggi lo sfregamento dei tendini della spalla e la loro usura viene chiamata sindrome da conflitto sub-acromiale. Nei casi più lievi può trattarsi di una semplice infiammazione, fino a situazioni di particolare gravità che portano alla rottura dei tendini. Queste ultime richiedono delicate ricostruzioni dei tendini della spalla, con la chirurgia tradizionale a cielo aperto o più modernamente con tecnica artroscopica senza aprire la spalla con il bisturi.
-lussazioni: un colpo più violento o un movimento anomalo del braccio possono far uscire l'articolazione della spalla dalla sua sede. La terapia immediata al primo episodio prevede una immobilizzazione del braccio al torace per venti giorni. Un tempo necessario per far cicatrizzare i ligamenti che si sono lacerati. In molti casi tuttavia la spalla resta instabile e predisposta a nuovi episodi di lussazione. Se le lussazioni si ripetono si deve intervenire chirurgicamente. Ignorare il problema oltre a impedire il tennis e l'uso del braccio in alto e in dietro sopra la testa, apre la strada alla degenerazione dell'articolazione. Una piena stabilità della spalla senza limitazioni del movimento e deficit di forza è possibile con la chirurgia artroscopica: incisioni millimetriche sulla cute, l'uso di ancorette riassorbibili e una microtelecamera permettono di ritornare in breve tempo sui campi in terra rossa.
GOMITO
Epicondilite: una infiammazione dei tendini nota come gomito del tennista. Una vera seccatura: con le prime cure e le infiltrazioni i dolori passano in pochi giorni, ma secondo le statistiche, entro un anno recidiva nel cinquanta percento dei casi. Parente stretto dell'epicondilite è l'epitrocleite: colpisce soprattutto i professionisti e risparmia i dilettanti. La diagnosi per distinguere i due problemi è semplice: il dolore può essere localizzato con la pressione delle dita su una delle due sporgenze ai lati del gomito. Si tratta di epicondilite se duole quella laterale e di epitrocleite se fa male quella interna. L'uso del cortisone andrebbe evitato: per combattere queste infiammazioni meglio le fisioterapie e l'uso locale di antiinfiammatori somministrati con la mesoterapia. Utili anche gli esercizi di stretching per ridurre le tensioni a riposo sui tendini infiammati. Solo raramente si interviene chirurgicamente, quando neanche le infiltrazioni ottengono remissioni del dolore e gli esami diagnostici mostrano la presenza di calcificazioni e tessuto degenerato.
MANO
Il pollice puo perdere la presa sulla racchetta se fa male. Colpevele di questa condizione la rizoartrosi: una artrosi che colpisce la base del pollice tra due piccole ossa, il trapezio e il metacarpo. Riposo, antiinfiammatori e l'uso di un tutore che immobilizza la parte sofferente tra le prime terapie da adottare. Riservato alle artrosi gravi e ai non sportivi l'iniezione intrarticolare di cortisone. Ultima risorsa l'intervento: una protesi biologica realizzata con un segmento di tendine prelevato dallo stesso arto sofferente o la soppressione dell'articolazione che elimina il dolore, ma riduce la liberta dei movimenti del primo dito. Frequenti anche i dolori ai tendini: comuni le tendiniti ai tendini flessori al polso, il dito a scatto e la sindrome di De Quervain. Il dito a scatto può colpire qualsiasi dito, ma più frequentemente il pollice e il terzo dito: una piccola tumefazione dolorosa alla base del dito rende i movimenti di flesso-estensione difficili e accompagnati da una dolorosa senzazione di scatto. Simile la natura della sindrome di De Quervain che tuttavia interessa altri tendini alla base del pollice, posti dorsalmente.
PIEDE
Meno noto del gomito del tennista, ma non meno doloroso è il piede del tennista: una invalidante infiammazione che colpisce la fascia plantare. Si tratta di una membrana robusta e fibrosa, tesa tra il calcagno e la base delle dita come una piccola vela. Indispensabila per camminare correttamente e proteggere le delicate strutture contenute nella pianta del piede. La sua tensione assicura infatti una giusta curvatura del piede e assorbe i microtraumi che l'estremità riceve camminando e facendo sport. Ma la sua resistenza ha un limite: piedi troppo piatti o troppo arcuati sottopongono la fascia a tensioni eccessive tanto che finisce per infiammarsi e diventare dolorosa. Medesimo risultato anche in caso di superfici di gioco troppo dure o calzature di scarsa qualità: la pianta del piede diventa dolente e giocare a tennis un tormento. Si riconosce facilmente: basta percorrere con le dita la pianta del piede e individuare le zone dolorose. L'ecografia perfeziona e conferma la diagnosi: mostra le zone ispessite, rese irregolari dall'infiammazione ed eventuali lacerazioni della fascia.
La radiografia riserva a volte delle sorprese: mostra un appuntito sperone di osso che origina dalla base del calcagno. E' segno di una tensione eccessiva della fascia plantare, tanto forte che l'osso al quale si àncora è stato come trascinato fino a formare l'anomala formazione. Banali le terapie ai primi sintomi: riposo, antiinfiammatori e la correzione con un plantatre su misura dell'appoggio del piede. Nei casi più gravi, resistenti alle comuni terapie, è indicata la chirurgia: miniinvasiva. Per mezzo di una sonda ottica e un apposito strumentario, la fascia plantare viene incisa parzialmente e allentata. Risultato: le tensioni vengono normalizzate e l'infiammazione si risolve spontaneamente. Inutile eliminare un eventuale sperone calcaneare, come consigliato nei vecchi manuali di chirurgia: è la conseguenza dei disturbi della fascia, non la causa. Ci si trova ad affrontare in questi atleti patologie una volta sconosciute. Una fra tutte la S.L.A.P. lesion. Si tratta di un problema che interessa la spalla: il tendine del bicipite che dal braccio penetra nella spalla si stacca dal suo ancoraggio. Sono soprattutto gli stress trasmessi al tendine con il braccio sollevato sopra le testa e iperangolato indietro, come nell'atto di colpire con un dritto o con una battuta la palla, ad essere implicati nello sviluppo di questo problema. Come riconoscere il problema? Il dolore interessa un punto al davanti della spalla, centrale e irradiato al braccio, ma la certezza della diagnosi si può avere solo con una risonanza magnetica dalla
spalla eseguita da radiologi con una specifica esperienza. Se il problema viene confermato c'è una sola soluzione: l'intervento chirurgico. Da evitare quello tradizionale a cielo aperto per l'eccessiva invasività che comporta e il rischio di non poter tornare a livelli competitivi dopo l'intervento. Meglio l'artroscopia: nella mia specifica esperienza tutti i tennisti professionisti da me trattati sono tornati a giocare senza esiti chirurgici in tre mesi dall'operazione. Quali gli altri problemi che affliggono in particolare le star dei campi in terra rossa? Colpisce i professionisti e risparmia i dilettanti un'altro doloroso problema della spalla: l'impingement interno. Le continue sollecitazioni con il braccio iperangolato in dietro allentano i vincoli anteriori dell'articolazione, tanto che la testa dell'omero slitta in posizione eccentrica rispetto alla scapola. Pochi millimetri, ma sufficienti a pizzicare i tendini della spalla ad ogni colpo di racchetta, tra il margine della scapola e la testa dell'omero. Un ritensionamento dei ligamenti allentati risolve il problema: con tecnica artroscopica Bambini e adolescenti tennisti a rischio di scoliosi e asimmetrie toraciche: un importante studio del C.O.N.I .smentisce questo luogo comune. Nessuna differenza statistica è stata rilevata tra i giovani tennisti e i bambini sedentari o impegnati in altre discipline sportive. Se non ne risente la struttura scheletrica tuttavia le differenze tra i due emitoraci e le due braccia sono evidenti e non sfuggono all'occhio attento di mamma e papà.
Si tratterebbe tuttavia solo di un diverso sviluppo della muscolatura, senza conseguenze negative e suscettibile di regressione alla sospensione dell'attività sportiva. Attenti semmai all'attività agonistica: stress meccanici eccessivi per intensità e durata possono mettere a dura prova l'integrità di tendini e articolazioni. Ma questa è una raccomandazione generica che riguarda tutti gli sport e a tutte le età.

PREPARAZIONE ATLETICA ED ALLENAMENTO

Quando programmiamo la pianificazione di un qualsiasi tipo di allenamento, fondamentale è la preparazione atletica. Questa ci consente infatti (come base di costruzione fondamentale) di migliorare le nostre performances e  le capacità  neuro-muscolari.
LA PREPARAZIONE ATLETICA
Naturalmente il periodo da dedicare a questa preparazione generale di base, ha diverse variabili. Queste variano a seconda la lunghezza del periodo che un atleta ha  a disposizione per raggiungere uno stato fisico ottimale, dall’età dell’individuo, dalla struttura fisica dello stesso ecc.
La preparazione atletica generale, serve a raggiungere quella forma fisica che ci permette di poter intensificare da quel momento in poi il nostro allenamento, con esercizi sempre più specifici e mirati, man mano che ci avviciniamo al nostro obiettivo e soprattutto a sviluppare maggiormente:
•    le qualità organiche (respirazione, circolazione e apparato cardiaco)
•    le qualità muscolari (forza, velocità, resistenza),
•    le qualità percettivo-cinetiche (equilibrio, movimento, distanza, coordinazione),
•    le qualità psichiche (concentrazione, volontà, sicurezza).
L’ALLENAMENTO
Allenamento significa “acquisire lena” in altre parole ridurre lo spreco energetico mantenendo alta la qualità e l’intensità dello sforzo fisico e quindi eseguire un lavoro maggiore a parità di energia spesa.
SUPERCOMPENSAZIONE E RECUPERO
Durante l’allenamento però, i nostri muscoli vengono distrutti dagli stimoli allenanti. Dopo questa azione “catabolica” inizia quella “anabolica” di ricostruzione e… attraverso la supercompensazione che avviene durante il riposo, questi si ricostruiscono in maniera tale da resistere meglio allo stesso stimolo per il quale sono stati distrutti.   Quindi per far sì che riescano a ricostruirsi migliori di prima… dobbiamo farli recuperare! Chiaramente se siamo costanti nell’allenamento, il recupero per lo stesso carico di lavoro diminuirà nel tempo  e quindi diminuirà anche lo spreco energetico, se invece il periodo di riposo è troppo lungo, si inizierà a perdere progressivamente i benefici ottenuti sino a quel momento, mentre se il recupero è insufficiente, non solo non si avranno risultati apprezzabili, ma incorreremo in tutta una serie di problemi dovuti alla mancata ricostruzione e progressivo depauperamento muscolare.
Potremmo generalmente distinguere tre tipi di recupero:
1.    il recupero all’interno della seduta d'allenamento.
2.    il recupero tra le varie sedute d'allenamento.
3.    il recupero tra i diversi cicli che compongono una stagione sportiva.
Tutti e tre sono molto importanti e dovrebbero essere ben curati, infatti, un piano di allenamento fatto bene ed i suoi risultati, dipendono in gran parte dal buon recupero psico-fisico.
Detto ciò mi sembra evidente che ci sia un nesso tra lo sforzo fisico ed il recupero; questi sono infatti, direttamente proporzionali. In pratica con l’aumento del carico di lavoro, dovrebbe aumentare in ugual modo il riposo.
LE QUALITA' MUSCOLARI
Il miglioramento fisico è specifico al tipo di lavoro che si sta effettuando, perciò se vogliamo migliorare una qualità che sia essa:
•    la velocità (capacità di compiere un movimento nel più breve tempo possibile, varia a seconda della quantità di preposte fibre bianche presenti nel muscolo; maggiori sono le fibre bianche maggiore è la velocità),
•    la  resistenza (capacità di protrarre nel tempo un lavoro muscolare, con una sopportazione massima delle sostanze di rifiuto che si formano nel muscolo, e capacità di smaltirle nel più breve tempo possibile)
•    la forza (capacità di contrarre contemporaneamente tutte le fibre del muscolo e vincere una resistenza massima)
dovremmo indirizzando il nostro lavoro allenante verso quella qualità, ma cercando di non trascurare le altre.
LA STEREOTIPIZZAZIONE DELL'ALLENAMENTO
Un’altra cosa molto importante da sapere è che il solito lavoro protratto nel tempo porta alla stereotipizzazione di quella qualità. Vale a dire arrivare ad un punto massimo della nostra preparazione per quella qualità, senza poter migliorarla ancora.
Sarebbe forse quindi consigliabile lavorare per un tot di tempo ed in modo specifico una qualità, per poi sospendere e lavorare le altre due per esempio. Successivamente poi, riprendere a lavorare la prima dopo un breve periodo di riposo.
LA PERIODIZZAZIONE DELL'ALLENAMENTO
Inoltre, sarebbe buona norma migliorare le nostre qualità fisiche in modo specifico, periodizzando e pianificando il lavoro.
“Periodizzare” significa dividere in cicli periodici di allenamento, quest’ultimi possono variare in base a diverse variabili soggettive: l’età del soggetto, forma fisica, deficienze specifiche, risultato che si vuole ottenere ecc.
In base alla durata nel tempo questi cicli si possono a loro volta suddividere in:
•    microcicli.
•    mesocicli
•    macrocicli.
Con un esempio pratico potremmo dire che per allenare la velocità dovremmo lavorare su movimenti specifici, veloci e ripetuti anche se senza mai arrivare allo sfinimento completo e naturalmente riprendere sempre solo dopo un recupero quasi completo. Dopo ogni seduta di allenamento e conseguente recupero e supercompensazione, noteremo dei miglioramenti. Questi primi miglioramenti saranno di entità variabile e tenderanno a diminuire con il proseguo degli allenamenti e supercompensazione. Proseguendo quindi con l’allenamento di quella qualità… registreremo dei miglioramenti progressivamente di entità sempre minore. Con l’andare del tempo però non noteremo più miglioramenti, quindi secondo il concetto sopra espresso (stereotipizzazione) si dovrà andare a lavorare sulle altre qualità di forza e resistenza, tornando poi, dopo un periodo di recupero, a lavorare sulla velocità. Cosa noteremo nei seguenti primi allenamenti alla velocità? Noteremo sicuramente che si sarà persa un po’ di velocità ma rilavorando e stimolando la stessa qualità, il miglioramento che seguirà sarà superiore al livello riscontrato precedentemente e supereremo la soglia dataci dalla stereotipizzazione precedente.
Una cosa molto importante da ricordare quindi, per il mantenimento di una qualsiasi qualità muscolare, dovremmo quindi lavorare in contemporanea (o in successione) anche le altre due, altrimenti non manterremmo le qualità generali complessive e la perdita o diminuzione di una delle tre, potrebbe incidere anche sulle altre due.  L’esempio pratico sopra citato, dovrebbe valere sia per la velocità, che per resistenza e forza.



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